Da che pulpito viene la predica...

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    Da che pulpito viene la predica...

    Ci sono persone che non cambieranno mai, abbindolatori per natura, nati con la camicia, con tanto di faccia d’angelo in bella vista, pronta per essere utilizzata al meglio, aggirando la realtà. "Ho chiesto semplicemente di sapere le verità che Gattuso dice di voler raccontare e di sapere cosa ne pensava il Milan, la mia vecchia società. Dal primo non ho avuto risposta, dal club una risposta c'è stata. Ho letto, è meglio il silenzio. Che devo dire, ciascuno ha il suo stile...".
    Stile, una parola che il "buon" Leonardo utilizza spesso e volentieri, credendosi forse un maestro in tal senso. Ma come può parlare di stile un tecnico che, pochi mesi fa, giurava amore eterno al Milan davanti al mondo intero, salvo poi rimangiarsi tutto all’improvviso, compiendo il passo peggiore, macchiando la sua carriera di alto tradimento? Forse il brasiliano dimentica che il club in questione, che adesso etichetta così negativamente, disprezzandolo quasi, è stato quello che l’ha lanciato nel calcio che conta, che l’ha cullato e cresciuto, pagato e stimato, in soldoni, che gli ha dato un nome. Mettere in discussione lo spessore di una società guidata dal signor Silvio Berlusconi, un Presidente che, sia nella vittoria che nella sconfitta, non manca mai di portare i suoi saluti e i suoi complimenti all’avversario, prima di rivolgere le attenzioni alla propria squadra, rappresenta la caduta di stile per eccellenza. Sui gesti dell’ombrello, le maschere irrisorie di cattivo gusto e le offese varie (anche rivolte ai propri tesserati) provenienti dell’altra sponda milanese, beh, è meglio tacere, sorvolare, proprio come qualcuno ci insegna.
    E allora, da quale pulpito viene la predica, caro Leonardo, uomo di stile solo quando il caso lo richiede, quando la convenienza viene prima di ogni cosa. Gattuso ha sbagliato ma non ha bisogno certo di chiedere scusa a nessuno: ha già detto che, visto l’eccessivo (e gonfiato!) clamore suscitato, non rifarebbe quel coro incriminato, quindi può bastare, senza recitare inutili mea culpa. Purtroppo, l’era dei falsi moralisti e dei perbenisti di professione, che vivono sulla genuinità e la semplicità altrui, pronti a scatenare un putiferio mediatico buono solo per riempire le loro capienti bocche, ha già travolto tutto e tutti.

    (Testo tratto da: www.milannews.it)
     
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